È tutto okay, stai solo per morire, presto gli amici del tuo amico verranno a prenderti e ti uccideranno, ti gonfieranno di botte, ti trinceranno tutte le ossa, a partire dalle iliache, quindi staccheranno la zanzariera malconcia che ti separa dalla tua ultima estate, ignoreranno i due bambini in FFP2 che a torso nudo si passano il Super Tele rosso sul tetto del palazzo di fronte, quello abbandonato per lavori in corso, e la useranno per appenderti a testa in giù, come un cencio umano sul filo del bucato, o come un enorme insetto a sangue caldo, se preferisci, in ogni caso ti faranno vedere le stelle dell’inferno che meriti, perché meriti una punizione esemplare, anzi, la vuoi, vuoi essere punito, vuoi che tutti sappiano, per questo non stai scappando e aspetti la fine seduto sul lavello dell’angolo cottura, ti accendi una Camel blu con le scarpe ancora bagnate di pioggia che premono sul bordo del tavolino, come per allargare questo spazio lattiginoso e aprire un varco ultradimensionale in cui sparire e concederti un’attesa alternativa, magari un po’ meno soffocante, ma la morte verrà lo stesso e avrà gli occhi della tua ex, e di certo ora come ora nessuno spazio sarebbe abbastanza largo da contenere il dolore della tua mano destra, che pulsa come un cuore aperto rivelando la radiografia del disastro, perché stanotte sei andato a quel festino per far visita al tuo amichetto d’infanzia e tirargli un cartone nel viso e spaccargli la mascella, ed è vero che lui è venuto ad accoltellarti a casa tua con i suoi scagnozzi, una vigliaccheria, ma tu qualche giorno prima gli avevi frugato nelle tasche mentre lui al pub era andato a pisciare lasciando la giacca di pelle sullo sgabello, perché si fidava e tu gli hai preso i Punti Fragola, infilandogli nel portafogli un tovagliolino da bar, giuro te li ridò appena posso, avevi scritto in fretta con la tua grafia rotondeggiante da scolaretta, una scolaretta assetata di amore e di droga, incapace di tenersi stretti gli amici più cari, gli amici di una vita in cambio di un momento di sballo, perché tanto eri il più intelligente del villaggio e ti avrebbero perdonato in qualche modo, ti perdonavano sempre perché eri di bell’aspetto, un biondino metrosexual simpatico e tutti ti cercavano, perché pur pesando meno di un’acciuga sott’olio dopo che hai scosso via tutto l’olio, avevi carisma da vendere, eri la calamita di tutti i salotti per bene e non, riuscivi a intrufolarti ovunque e la tua mente non aveva limiti, tanto che a lei, alla tua ex ripetevi che il vostro unico limite era il cielo, ma il cielo non esiste, ribatteva lei, è azzurro perché c’è tipo l’atmosfera, allora la luce è il nostro limite, tagliavi corto tu, e con un’espressione di trionfo spegnevi l’abat-jour, e lei rideva e ti baciava e diceva piano, quindi adesso dove siamo, e tu sorridendo l’accarezzavi sulla tempia che sapeva di shampoo all’albicocca, e la stringevi al petto senza pensare al suo lavoro da puttana del web che ti faceva rabbia, senza pensare al futuro che non riuscivi a costruire, senza pensare alla felicità, avevate bisogno di tutto meno che della felicità, quel punto di vuoto assoluto in cui eri beatamente scomparso senza sapere cosa fosse, quella cosa lì l’hai persa ieri sera al molo, quando lei si è finalmente resa conto che le tue promesse valgono zero, che quella fasciatura gocciolante sulla gamba non era di buon auspicio, che i pugni affastellati sul parabrezza ormai concavo per metà avrebbero potuto disintegrare forever il suo profilo Instagram, e sulle foto sceme senza troppi filtri ci fatturava grandi sorrisi, ma quella sera piangeva, piangeva cercando nei tuoi occhi rimasugli di te, e lo faceva più per te che per lei, voleva capire cosa sarebbe rimasto di te dopo il diluvio, voleva capire se guardandoti nello specchietto retrovisore tornando a casa saresti stato in grado di cogliere un riflesso di quello che eri, per fermarti, per smettere, per ricominciare davvero, ma lei piangeva più forte, sembrava quasi che tu in quel pianto non c’entrassi più, vedevi il suo trucco sfatto e quelle meravigliose tette avviluppate nella camicetta Michael Kors in puro acrilico del compleanno scorso, che avresti volentieri strappato con i denti per fare pace, per festeggiare il piacere che potevate darvi senza troppa scenografia, mettendo a tacere tutto in un amplesso consumato sull’asfalto irrorato dai fari abbaglianti che avevi dimenticato accesi, ma le vostre urla si confondevano in un unico muggito indistintamente umido e cadente, mentre le barchette sbattute dal buio sibilavano nel vento, mentre l’amore se ne andava via scuotendo la testa, sotto l’ombrellino rosso da viaggio di lei, e hai capito che dopo di te non ci sarebbe stato il diluvio, hai capito che il diluvio era appena finito e lei stava andando decisa lontano da te, perché le tue urla nella pioggia non avevano più senso e lei ti avrebbe sostituito con qualche ragazzo di città, magari stava già sondando qualche nuova opzione prima di incontrarti al molo, basta pescatori o presunti tali, si era detta, basta persone da raccattare sulla risacca, di conchiglie post sbronza ne aveva piene le tasche, e anche di te, del tuo corpo da acciuga disidratata, della tua mente contorta, delle tue azioni esagerate, delle tue sigarette perennemente bagnate, come quella che stai per finire, guardando fuori, verso il cielo, e sorridi a uno dei bambini che a gesti ti fa capire che il pallone è caduto nel cortile di sotto, se gentilmente puoi andare a riprenderlo, tu gli sorridi come per scusarti, scusandoti con lui ti scusi con il mondo, il bambino non sa che questa non è casa tua.
L’Inesistente
Credits: 絵画部_会員_作品_91, National Art Center Tokyo, 2017 – https://www.kodo-bijutsu.jp/