Sale in metro senza chiedere aiuto a nessuno, pelliccia bianca, guanti e occhiali neri squadrati, trascina da sola la custodia del contrabbasso, anch’essa bianca, all’interno dell’abitacolo, e va a sedersi sui sedili che si sono liberati automaticamente, come per abitudine ci si allontana da una fiaccola impazzita o come i granchi si ritirano nei buchi degli scogli per non farsi inghiottire dalla schiuma di un cavallone, e se gli adulti si affrettano a occupare i cerchi rossi con l’orma dei piedi STAY HERE, a debita distanza dalla nuova ospite del veicolo per timor di cecità, e con l’iPhone incollato alla punta del naso, i bambini che occupano la fila di sedili antistante, invece, con il libro aperto sul problema di geometria, la guardano come un cavallone infuocato divora scogli, e rimangono ai loro posti, per due semplici motivi, primo, sembra loro assai scortese allontanarsi più del dovuto dalla ragazza cieca, benché di aspetto non propriamente innocuo, tipo che dentro a quella custodia bianca possono tranquillamente esserci un tot di bambini fatti a pezzi e lei stia facendo finta di essere cieca per raggiungere il punto culminante dell’estuario senza intoppi, e spalancare lì la custodia del contrabbasso, scaricando i fanciulletti resti là dove giacciono incagliate le navi dei pescatori più impacciati, prima che il fiume giri e, a ritroso, risalga effettivamente verso la spiaggia, inoltre, secondo motivo, il bambino con la mascherina di Batman, che d’ora in poi chiameremo Batman, ha assoluta necessità dell’aiuto del suo amico, che per comodità chiameremo Robin, anche se, accidenti a lui, porta la mascherina di un’innominabile squadra di calcio, perché Robin è un asso in matematica e quella mattina Batman, alquanto superstizioso, è convinto che sarà interrogato alla prima ora, scommettici quello che vuoi, perché tutte le volte o quasi che si mette il gel per fare colpo sulle tredicenni più belle, è convinto che la prof. se ne accorga e, pur dissimulando indifferente imparzialità tra gli alunni, alla supplente Covid indispettiscono non poco gesti di ribellione, per quanto innocenti e facilmente gestibili, e Batman se ne va pure in giro ossigenato e con lo zaino maculato di dichiarazioni d’amore incise col bianchetto, benché le giovanissime amanti cambino di continuo e Batman debba raschiare via con la punta del compasso, o di una qualche lama a portata di mano, le scritte scadute per lasciare spazio alle novelle, che aspetta sognante prima di addormentarsi contando le stelline semiscollate e ingiallite sulla mensola del letto, già preoccupato che il fratellino due anni più piccolo, ma più bello di lui e più bravo, almeno a calcio, potesse telepaticamente scippargli quei pensieri durante il sonno dal letto di sopra, attraverso il cuscino e il materasso e le doghe in legno o la raggiera e tutta la materia che nottetempo, almeno in teoria, li avrebbe separati, e quindi il problema di geometria andava capito, andava risolto, ti prego, Robin, ti pago il pranzo, ti invito alla festa, ti faccio conoscere una che, sta’ zitto, non mi serve che tu faccia il finto amico adesso che hai bisogno di me, ma io non sto facendo il finto amico, sto solo cercando di corromperti, ah be’, allora mi sa che devi impegnarti di più, e la ragazza cieca davanti a loro li guarda impassibile, muovendo le labbra compone la musica della morte nella sua mente, qualcosa del genere, non è chiaro se oscilla la testa per seguire l’andamento delle biscrome o perché si lascia sommessamente cullare dal TU TUM della metro, abbracciando la custodia del contrabbasso come per trasmettergli quel ritmo, come per rassicurare lo strumento o l’infanticidio nella sua pancia, e così se stessa, tutta impellicciata come una gran dama, anche se la pelliccia è di una collezione firmata da Angelina Jolie in esclusiva per H&M, e lo capivano pure i bambini che era finta, e che di quello champagne rosé lanciato insieme all’ex marito, o almeno di una sua imitazione in cartoccio della Lidl, se n’era bevuta una tazza bella grossa al posto del caffè, da come barcolla, un tazzone tutte bollicine per tirare almeno fino a mezzogiorno, se l’è bevuto prima di mettersi il rossetto sulle labbra, che non poteva vedere e che nessuno avrebbe visto sotto la FFP2, e prima di disegnarsi le pupille sulle palle da biliardo che indossava al posto degli occhi, un occhio per partita, una per la vita da musicista e una per quella da assassina, anche se poi avrebbe messo gli occhiali da sole perché era cieca, forse, Robin ti prego, ti dico che quella oggi mi chiede il problema e io non l’ho capito, tu non hai neanche aperto il libro Batman, non è vero io insomma ho avuto un problema, ma dai un problema del problema, e magari l’hai pure risolto, o alla fine il tuo fratellino figo ti ha rubato la soluzione, e qui normalmente Batman gli tirerebbe un gran ceffone, perlomeno un pugnetto tra le coste, ma si trattiene, sospira nella mascherina, sente il sapore di latte e cereali affogati nello zucchero della colazione di stamattina, Robin dai non mancano molte fermate, dimmi almeno come si imposta, c’è il quadrato e dentro il cerchio ma non so quale formula applicare, Robin guarda la ragazza cieca, la ragazza cieca si lascia cullare dal TU TUM e culla a sua volta il sarcofago della sua musica, il contenitore dei bambini della strage, i bambini fatti a pezzi e gettati nel vuoto sul punto estremo dell’estuario, Robin, e lo strattona, faccio tutto quello che vuoi, davvero fai tutto quello che voglio, dice Robin e sorride sotto la sua ignominiosa mascherina celebrativa della squadra sbagliata, anche qui Batman reagirebbe con una gomitata dolorosamente furtiva, ma si trattiene, pensi di tenermi in pugno, vero Robin, proprio così, invece ti sbagli perché me la pagherai cara, io me le bacerò tutte, specialmente quelle che ti piacciono, mentre tu resterai vergine a vita e mi supplicherai di lasciartene una, anche la sorella brutta della più brutta delle più brutte, sei patetico, adesso passi dalle preghiere alle minacce, Robin se li era spazzolati con la Pasta del Capitano i denti e ci passava sopra soddisfatto la lingua alla menta piperita, base per altezza com’era uffa, che problema hai avuto, in che senso, nel senso che non hai risolto il problema perché hai avuto un problema, hai detto, be’ ti ricordi l’ultima con cui stavo bassa ricciolina, ecco, mi fa che su Instagram le hanno detto che ho tipo regalato ad un’altra una mia maglia blu, da non crederci, ancora con il mio profumo addosso capito, sbalorditivo, e c’era scritto AMO è stato bellissimo perché tu sei il RE, c’era scritto davvero così, sì e poi c’era scritto che era stato come solcare un oceano e altre cose, ma dai solcare un oceano, certo come la maglietta blu capito, ovviamente, e quindi, e quindi mi ha mollato e ho passato la serata a raschiare via le sue dichiarazioni d’amore dallo zaino con il coltello del panettone, sai che ne esistono di più adatti, lo so ma era il primo che mi è capitato sottomano dopo cena e non volevo destare sospetti, e ora vedi, qui ho degli spazi neri per la prossima, ma è vera ‘sta storia della maglia blu, senti non lo so, che importanza ha, che pirla pensa Robin, senti io ti ho raccontato il mio problema, ho fatto come mi hai chiesto, adesso aiutami a risolvere questo, guarda, e Robin fa scorrere l’indice sul problema 631 del libro di Batman, innanzitutto non è un quadrato ma un esagono okay, mmh, nell’esagono è iscritto un cerchio, e fin qua, mi fai parlare o no, e spicciati però, il diametro del cerchio, questo robo qua, bravissimo, il diametro del cerchio, come si può evincere già a occhio nudo, piantala di parlare come un prof. e dimmi come si fa, Robin sospira, assapora con goduria l’eco del dentifricio impastata all’umiliazione di cui sta chirurgicamente segmentando tempi e contorni, ebbene dicevo, come si può già vedere ad occhio nudo, e in quel momento qualcosa cade e rotola, il diametro del cerchio iscritto nell’esagono e la sua altezza coincidono, e si ferma lì, una palla da biliardo con pupilla truccata sbatte sulla Nike sinistra virgolettata di fucsia di Robin, e lo scruta da sotto in su, la ragazza cieca ha reclinato il capo, forse si è addormentata e un occhio le è scivolato da sotto la susta destra degli occhiali da sole Coco Chanel comprati a una bancarella del lungomare, e di fatto qualitativamente insufficiente a trattenere gli occhi nelle loro orbite, e Robin vorrebbe urlare, ma Batman gli stringe il braccio, facendogli segno di tacere, e gli infila un lapis rosso nella mano tremante, adesso scrivi anche il procedimento con tutti i passaggi nella colonnina bianca, se lo fai mi prendo io lo sbatti di restituirle l’occhio, Robin cerca di mordersi il labbro ma gli tremano pure i denti, dai fifone, ce la puoi fare, non guardarla, e gli stringe il braccio più forte, la pupilla gli trapassa il cervello, Robin non sente più il sapore della menta, sembra più il sapore di un vascello zampillante di pirati mummificati dalle alghe sul fondale dell’oceano in precedenza solcato, la mano gli trema, ma prova a concentrarsi e scrive tutti i passaggi nella colonnina accanto fino al risultato, che sottolinea, fatto, ora tu, no, fatto un corno, scrivimi pure la spiega da prof., Robin lo guarda e capisce che adesso è Batman che sorride e che si gusta latte zucchero e cereali, così mette una freccia accanto e scrive, in stampatello maiuscolo, il diametro del cerchio iscritto nel trapezio e l’altezza di quest’ultimo coincidono come si può evincere anche a occhio nudo, bravo, fa Batman riprendendosi la matita rossa, e adesso che facciamo, lascia fare a me, e Batman si alza e si siede vicino alla ragazza cieca, le tocca una spalla, signora, lei si desta come un maremoto al rallentatore, signora, mi sente, signora le è caduto qualcosa, lei si volta verso Batman, e Robin pensa che se la stia facendo sotto, perché la ragazza cieca invece di rispondergli, gli prende il bianchetto dall’astuccio, lo svita, impugna il pennellino tra il pollice e l’indice guantati di lattice nero e, con una certa maestria, aggrappandosi alla custodia del contrabbasso, si piega sullo spazio raschiato la sera prima dallo zaino, e disegna un cuore spezzato, quindi rimette il bianchetto al suo posto, Robin si è mosso e ha dato un colpo all’occhio palla da biliardo, che senza smettere di scrutarlo è rotolato un po’ più in là, al centro di un cerchio STAY HERE rosso, Batman lancia a Robin uno sguardo di odio misto a terrore, ma certamente preferirebbe stare seduto accanto a lui, e stringerlo per farsi forza, ma la ragazza cieca non fa caso alle loro moine, si alza, va in direzione del suo occhio e tasta a terra finché non lo trova, quindi se lo mette nella tasca della pelliccia e si rimette dritta, prima di uscire tumultuosamente dalla porta scorrevole che sta per chiudersi, trascinando con sé il suo musicale fardello assassino, mentre Batman e Robin, scambiandosi un gesto di complice terrore, decidono di scendere alla prossima e di farsi un pezzo a piedi per sgranchirsi tutte le ossa.
L’Inesistente
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