Scendeva le scalette conscio dell’effetto luminosamente indaffarato che la sua fascinosa silhouette in abito Boss ultimo modello avrebbe suscitato, anche se, viaggiando in business, era uno dei primi a scendere e il pubblico non sarebbe stato tanto, e scendeva lentamente, senza scollare il pollice dall’iPhone aziendale che, appena tolta la modalità aereo, cominciò a bippare come un mitra, e lui alzò il sopracciglio destro, come faceva quando si concentrava su qualcosa di importante, gli occhi blu oltremare già proiettati oltre le parole digitate in risposta alle email ricevute, a plasmare altre parole, quelle pensate durante il viaggio e che avrebbe inviato in attesa che il trolley apparisse sul nastro trasportatore, ma prima che il mocassino scintillante toccasse distrattamente terra, uno steward, accortosi di un fiammifero vagante e di quella sciagurata, minuscola pozzanghera di carburante sgocciolata dal serbatoio malfunzionante, lo afferrò per un braccio e, trascinandolo via con forza, lo schiacciò sulla pista d’atterraggio proteggendogli il corpo con il suo corpo, e l’iPhone, sfuggitogli di mano, roteò nell’aria come un uccello bionico in avaria, prima che l’aeromobile esplodesse, sputando fuori i resti infuocati dei passeggeri rimasti in fila dietro di lui.
Quando riprese i sensi era steso su una brandina al centro di una stanza cubica piastrellata di bianco e un ragazzo col giubbotto arancione gli tamponava una ferita sulla guancia, squarciatasi nella caduta – lei ha figli? – chiese guardando il volto del ragazzo, che gli ricordava la figurina del calciatore con la maglia 54 che suo figlio gli aveva donato una volta tornato da uno dei tanti viaggi che l’headhunter di una grande compagnia aerea era tenuto a fare, e teneva quel calciatore nel portafogli come un amuleto – è un doppione, ma è velocissimo e fa tanti goal! – gli aveva assicurato, e poi era il centravanti della sua squadra del cuore e – vero, non è il nove, ma 5 più 4 fa nove! – e anche se non si era mai sforzato di capire il calcio, accompagnava il figlio allo stadio tutte le domeniche pomeriggio, o quasi, ed esultava quando lui esultava, e si lamentava quando lui si lamentava, e poi ridevano perché era tutto così sciocco, alla fine, e invece lo steward lavorava all’aeroporto perché il padre ex pilota una volta aveva fatto precipitare un aereo per errore e, secondo la versione ufficiale, era bipolare, per questo a parte lui erano tutti morti, per questo con l’azienda aveva un conto aperto a vita, senza contare che La Boss, così chiamavano la general manager, non l’aveva voluto riconoscere il figlio avuto dall’ex pilota – era stata una sveltina al cesso, lei aveva una carriera di successo – e la vita del figlio era la più fresca da sacrificare a portata di mano, e non che gli dispiacesse, al figlio, fare il supereroe e riscattare la dignità del padre, ma a sedici anni aveva dovuto lasciare la scuola nonostante avesse una borsa di studio invidiabile grazie ai suoi numeri nella palla a mano, e gli mancavano i compagni di banco, e perfino le lezioni, le lezioni di biologia, infatti per hobby leggeva manuali di chirurgia e tutte le domeniche pomeriggio, o quasi, si allenava a scucire e ricucire agnelli e polli e maiali alla macelleria della promessa sposa, perché il suo sogno era poter aiutare gli altri con le conoscenze acquisite tagliuzzando animali morti – no, signore, non ho figli, e lei? – sorrise, e una goccia di sangue colò dalla ferita: dovrò metterle qualche punto, ma non farà male, le ho iniettato un anestetico locale.
Il figlio era morto per un dolore addominale, che si credeva fosse appendicite, ma non era appendicite, era un’occlusione intestinale da ingerimento di figurine – ecco, adesso cerchi di rilassarsi, mi sembra sofferente, le metto una goccia di morfina nella flebo – nemmeno una figurina aveva attaccato sull’album, le conservava tutte nell’astuccio delle matite senza matite che portava a scuola calcio, e quando non ne entravano più, andava in bagno, si metteva in piedi sui bordi del water, cosicché nessuno potesse scoprirlo da sotto, sbirciando i suoi scarpini Adidas arancioni ultimo modello, le appallottolava e le ingoiava, una dopo l’altra – signore, è sotto shock, sicuro di voler parlare con i giornalisti adesso? – disse il ragazzo, che nel prendere una garza per asciugargli le lacrime, vide La Boss, nonché madre biologica, entrare nella stanza – mi duole informarla che lei non solo è l’unico superstite del volo GB054, ma è anche accusato di strage, e tutto quello che dirà al di là di quella porta, dove si è radunato il mondo della più ufficiale e prestigiosa stampa, potrà essere usato contro di lei in tribunale… ha diritto a un avvocato, ovviamente – lui indicò la giacca, lo steward andò a prendergliela – fossi nei suoi panni eviterei, ma se ha premura di dichiarare qualcosa a sua discolpa, faccia pure – lui sfilò il portafogli dalla tasca interna della giacca – le ricordo soltanto che in quanto dipendente da più di dieci anni ha il diritto a un parziale rimborso delle spese legali commisurato al surplus documentabile da lei apportato al fatturato dell’azienda – lui strinse tra pollice e indice la figurina del calciatore – sua moglie, addoloratissima mi creda, ha accettato la mia offerta, qui troverà un assegno con tanti zeri e la versione dei fatti da imparare a memoria – disse porgendogli una cartellina – la bipolarità sarà facilmente certificabile dai nostri medici… possiamo evitare l’ergastolo e farle trascorrere giorni sereni in una clinica con Spa e Playstation 4, e magari in futuro ottenere la libertà vigilata – strappato l’ago cannula, l’accusato di strage era arrivato fino alla porta appoggiandosi allo steward – insomma, tutti sanno quanto fosse ossessionato da suo figlio e che il suo terribile decesso l’ha fatta uscire di senno, e tutti sanno che suo figlio era autistico o, almeno, biologicamente marcio come lei che gli ha passato i geni, e noi possiamo aggrapparci a questo per salvare il nome dell’azienda… che sia stato lei o uno normale a fare esplodere l’aereo non è irrilevante, sono tutti morti! – lui già afferrava la maniglia – sono tutti morti come animali, riesce a capirmi?! – si voltò a guardare la cartellina, ma gli occhi blu oltremare erano proiettati altrove, a plasmare altre parole e, appallottolata la figurina, la ingoiò e uscì da quella stanza.
L’Inesistente
Credits: Giuseppe Arcimboldo, Terra [dalla serie dei Quattro Elementi, collezione privata viennese], 1566