Primaticcio

Volevo morire o quasi. Dare una forma alla mia autocommiserazione, un peso senziente al mio dolore. Volevo essere l’unico responsabile di tutto il liquame, dimenticare qualsiasi tipo di legame tra me e il mondo che mi aveva deluso. Avevo comprato da Tesco la mia prima e ultima bottiglia di vodka. Ventitré anni gettati in pasto al nulla. Avevo detto di sì quando mi avevano chiesto se volevo un sacchetto di plastica. Nel sacchetto di plastica avevo messo il pasto per il nulla. Adesso viaggiava con me sulla metro verso casa. Il barattolo sul mio comodino era andato riempiendosi di pillole di diversi colori sottratte dal posto non troppo segreto in cui la mia coinquilina, nonché collega pseudosmart, nascondeva le cose. Il piano era di rovesciare il barattolo arcobaleno e di polverizzare le pillole una per una sulla scrivania con qualcosa di appuntito ma non troppo. Per completare la cornice patetica da eroe dello schifo, avrei messo in loop la playlist della Pausini su Spotify. Lei mi diceva che ero uno shark sul lavoro, ma in realtà voleva solo leccarmi il culo. Il suo sguardo tradiva un pensiero schizzato con noncuranza nell’angolo più remoto del cranio, tipo È proprio un ciccione irrecuperabile, quell’alito e i capelli impiastricciati di forfora all’albicocca e quegli occhi glaciali da pesce che abbocca e ti fissa senza fiatare perché sa che direbbe solo cose che giudicheresti banali, e per di più già stempiatissimo, fetido come la carcassa di una spigola arenatasi sul pixel di un’isoletta di Minecraft disegnata da un bambino diversamente abile. Pensava questo o qualcosa del genere, mentre in ufficio mi sistemava il nodo Windsor della cravatta con la dolcezza di un’amante che non si fermerà per la colazione. Si sforzava di invitarmi ad aperitivi e robe social, perché facevo soldi a palate, senza sentimento, ma a palate, invece lei non sapeva neanche fare un bilancio e forse per osmosi credeva di imparare qualcosa da me, cicciona creatura putrescente. Che poi, secondo me non era brava nemmeno a darla via. Bionda, carina quanto vuoi e tette okay, ma mi ero fatto questa idea. Non che non ci provasse, ma la sua persona emanava l’insicurezza tipica di chi non sa esattamente cosa vuole ma che farebbe di tutto per dimostrarti che è la persona giusta per quella cosa lì. Ma il piano delle pillole aveva anche un’altra origine: il tipo che mi piaceva, uno studente di matematica che si era fissato sul dimostrare che il teorema di Pitagora era una bullshit colossale, e che mi aveva baciato con la lingua sbattendomi sulla porta del cesso di quel pub dopo solo un paio di desperados, e che, mano nella mano per la strada, mi spiegava i simboli massonici sulla facciata dell’edificio del nuovo negozio di Zara, proprio quel tipo che mi aveva pure scopato, benché sommariamente, senza neppure chiedermi un regalino in cambio, ecco che me lo ritrovo di prima mattina su Grindr, sorridente e seminudo a spezzarmi il cuore sulla sabbia accanto al mio Financial Times, mentre sorbisco dalla cannuccia il solito frappuccino caramel con l’aggiunta di uno shot di espresso e panna montata. Bastardo. La mia attenzione viene attratta da una ragazza che incrocia le gambe affusolate sull’ultimo sedile dalla parte opposta, enormi occhiali scuri, leggins viola e sandalo tacco oro che scrive sul quaderno di Libraccio con in copertina le onde del mare, sembra sul punto di bruciare in fretta o di scoppiare. Sull’avanbraccio, scopertosi nell’atto di afferrare nella borsetta di Armani un bianchetto panciuto, mostra evidenti segni di sigarette spente sulla pelle. Non che me ne freghi molto, a essere onesto. Il mondo è pieno di fighette cerebrolese che vanno dallo psichiatra per sciorinare nuovi tagli fisici o mentali, per ricevere quella carezza che mamma o papà hanno negato, come se il mondo dovesse funzionare così, come se il bene ricevuto o non ricevuto fosse l’unico valore possibile. La ragazza si accorge che le sbircio le bruciature e si ricopre il braccio con stizza e il bianchetto panciuto le rotola per terra. Quel bianchetto panciuto come me, sospeso tra la vita e la morte come un pesce che abbocca passivamente all’amo senza contorcersi. Allora ci guardiamo. E’ lei! Portiamo gli stessi occhiali da sole gender fluid. Siamo andati a comprarli insieme un giorno per festeggiare una buona operazione finanziaria a cui avevamo lavorato insieme. Lei sa che non mi sposterò di un millimetro per raccogliere quel bianchetto. Probabilmente si è accorta delle pillole che le ho rubato. Difficile ignorare quel barattolo da sugo pronto al centro del comodino pieno zeppo di micro oggetti mortiferi LGBTQIA+. Lei è una che fruga nelle stanze degli altri. Però lo sono anch’io, e un giorno ho letto una sua dichiarazione d’amore. Un amore feroce. Non mi interessava a chi fosse rivolta. Lei sospira e si riavvia i capelli. Decidiamo di lasciare lì quel bianchetto per sempre. Stasera è giovedì, perciò ordineremo sushi su Glovo. Le porte della metro si aprono. Non è la nostra fermata, ma lei scende lo stesso.

L’Inesistente
Credits: Giorgio Bolognese, Therefore II, 2022