Chiuse il Mac; dando l’ultimo sorso al suo cocktail, si trascinò verso il tavolo di legno. Prese le forbici e, contemplandosi sulle parche superfici metalliche liberate dal sangue raggrumato, cercò di sistemarsi il ciuffo unto, pensando alle crudeli sdolcinatezze spremute della sua ex moglie in quella dannata email; pensò al banner, alla possibilità di lasciare per sempre la Terra, a una vita quasi tranquilla con i suoi figli sul pianeta alfa; delle lacrime furiose gli scesero sul volto scavato; avrebbe voluto avere con sé l’amuleto di plastica che aveva immeritatamente restituito a quella spocchiosa ragazza in discoteca, e cambiare le cose, anche se solo per una volta, tutte le cose.
Lasciò che la testa appesantita dal Valium ricadesse sul tavolo; le forbici rimasero sospese in aria qualche secondo, poi le affondò nel legno; tre colpi sgusciarono avanti e indietro come se attraversassero uno strato di burro dipinto; la barbie fece una piroetta all’indietro, gravitazionalmente richiamata dalla tenerezza di quello sfasciamento, atterrando di schiena sull’impugnatura delle forbici.
Lui ruotò le orbite verso i capelli della barbie sparsi sul suo pollice: notò che erano dello stesso colore dei suoi, notò i giganteschi occhi verde metallizzato di lei; notò la piccola bocca rossa che accennava un sorriso perpetuo e le gambe a triangolo isoscele, ancora scintillanti di saliva; notò la bisettrice di quel triangolo che dipartiva dal punto più intimo, disegnando una sottile crepa nel tavolo.
Appoggiò l’osso orbitale sulle gambe della barbie, facendo attenzione a non prendere la scossa dalla lampadina che gli penzolava nuda e intermittente a un palmo dalla nuca: un puntino verde apparì per un momento e uno rosso, più veloce, gli passò vicino apparendo e sparendo tre volte. Un radar, pensò.
Riposta la barbie nel kit da pronto soccorso, e quest’ultimo sul pavimento, cominciò a divellere il tavolo a colpi di forbice, iniziando dalla bisettrice. Uno schermo a scacchi con puntini verdi e rossi che apparivano e sparivano emerse dal legno che andava smembrandosi tutt’attorno.
Prese una lattina di birra dal frigo, controllando il freezer: la mano era ancora lì, nel suo sacchetto trasparente; mise la sedia vicino al commesso svenuto sul divano e vi si sedette cavalcioni; gli dette uno schiaffo per guancia, quindi gli stappò la birra in faccia, facendogliela gorgogliare in gola.
Che diavolo è quella roba?! Gridò puntando la 44 Magnum verso ciò che restava del tavolo. Il commesso vomitò, scalciando e capendo di essere in trappola, con il braccio sano legato al termosifone. Dimmi subito cos’è quella roba e a cosa serve! Io non ti dico proprio un fottuto niente! Credi non sia capace di torturarti? Sai di essere un clone e i Let it be ti hanno offerto qualcosa per fare la spia, vero? Magari un banner per rifarti una vita sul pianeta alfa? Be’, sappi che non appena arriverai laggiù, ammesso che ti ci facciano arrivare, ti elimineranno all’istante e neanche la copia della copia della tua misera vita sarà mai esistita!
E tu come lo sai, non saresti disposto a rischiare? Sai cosa vuol dire sapere di essere un clone in un pianeta di cloni programmato per essere distrutto? No, non lo so, ma so che le sonde Let it be ci stanno a tre metri dal culo e che dobbiamo sbaraccare il prima possibile: ho visto un puntino rosso poco fa! Io non vado da nessuna parte. Invece sì, tu vieni con me, non ho tempo per capire come funziona quella specie di radar, ma so che potrebbe salvarci! Mi hanno promesso una villa e un sacco di soldi: io qua non ho più niente, sulla Terra, o quello che è, sono un traditore per i conigli neri e chiunque di loro vorrebbe uccidermi, mentre i Let it be mi hanno dato la speranza di un futuro da costruire!
Balle: ti stanno plagiando e usando, capisci? Pensi che nel loro fanatismo accetterebbero di essere stati aiutati a costruire la culla dei pargoli dell’avvenire da un coniglio nero corrotto? Pensi davvero che ti lascerebbero vivere? Come puoi essere così ingenuo? Perché dovrei fidarmi di te? Perché la mia ex moglie è una dei pionieri dell’operazione Let it be, so come ragionano, ti faranno fuori non appena avrai esaurito i tuoi compiti; inoltre, io sono l’unico che non vuole ucciderti: avrei potuto farlo una volta ottenuto il ghiaccio, o sbaglio? Fidati di me. C’è una doccia, hai dei vestiti puliti? Sì; bene, allora smettila di piangere, laviamoci e diamo fuoco a questo posto, il radar me lo spiegherai strada facendo: andiamo in città. Ma dove, in città? Qui, disse mostrandogli la scatola di fiammiferi.
L’Inesistente
Credits: Salvador Dalí, Quimera de quimeras, 1920s